Sapere è potere
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BUON ASCOLTO!
È da quasi un mese che non scrivo i miei pensieri sul blog e devo dire che mi mancava. Queste ultime settimane sono state intense e fitte di impegni. Con Novembre infatti avevo un progetto, quello di creare una serie di eventi volti alla formazione e all'informazione. Un'area che mi sta davvero tanto a cuore, da sempre. Da quando ancora ragazzina, mi ritagliavo del tempo per fare ripetizioni. Mi piaceva aiutare gli altri, ma soprattutto adoravo rendere l'apprendimento semplice per tutti. Sfruttare le mie personali difficoltà a riguardo per rendere meno tortuoso l'apprendimento altrui. È stata propria questa mia vecchia indole a portarmi a strutturare tutto questo. Volevo avere la possibilità di condividere con altri quello che io stessa avevo imparato sulla pelle. Ecco perché nell'evento "Rinasci e Fiorisci" ho raccontato del dolore e del disagio. Temi non sempre facili da vivere, ma così fondamentali da interiorizzare per vivere la vita con maggior consapevolezza e serenità.
Organizzare l'evento e strutturarlo non è stato facile, ma sicuramente è stato avvincente. Adoro mettermi alla prova sempre, anche e soprattutto dove sento di avere qualche difficoltà. È un esercizio per allenare la resilienza e la fiducia nelle mie capacità. Il tutto è stato ovviamente condito da qualche bel piantino liberatorio, fortunatamente accolto e supportato dalla mia famiglia. Posso dire tuttavia di essere fiera di come io, alla fine, sia riuscita a gestire le cose. Sicuramente il tutto è stato più sostenibile grazie a tutta l'energia e l'entusiasmo degli iscritti. I commenti e i feedback mi hanno confermato quanta bellezza ci sia nel condividere ma soprattutto quanto le persone abbiano bisogno di riflettere sui propri sentimenti e il proprio mondo interiore. Una cosa che si nota giornalmente nei casi di cronaca moderna.
Non è passato più di qualche giorno dalla notizia dell'ennesimo caso di femminicidio, una serie di vicende che hanno tenuto tutta Italia con il fiato sospeso. Un Italia paralizzata e spettatrice, da troppo tempo muta testimone di epiloghi drammatici come quello di Giulia Cecchettin. Vicende che hanno dell'incredibile ma che ormai risuonano nelle nostre orecchie anestetizzate, come eventi di cui si ha memoria troppo breve. Perché questo è ciò che accade, quando siamo sommersi giornalmente da eventi drammatici come questi, il cervello ad un certo punto li rifiuta e li scarta. Così come si scartano tutti gli eventi dolorosi in generale. È più facile chiudere gli occhi e allontanare il dolore che farsene carico. L'ho visto assieme a tutti coloro che hanno partecipato alle lezioni gratuite che ho creato per l'evento. Io stessa l'ho fatto per davvero tanto tempo. Un modus operandi che notavo sempre anche nei miei pazienti all'ospedale: si teme sempre quello che non si conosce. E nessuno ormai conosce più il dolore.
Il dolore è un'esperienza tanto umana quanto ostracizzata dall'immagine patinata dei social network. Un'immagine illusoria che taglia volontariamente una parte fondamentale della vita; una parte più vulnerabile e fragile ma comune a tutti noi. Lo vivo giornalmente nelle storie che mi arrivano, le persone mi scrivono per ringraziarmi perché si sentono meno sole e incomprese nel loro dolore. Attraverso i miei video, i miei scritti o i miei podcast percepiscono un mondo diverso da quello raccontato da tutti gli altri. Riconoscono vicende ed esperienze comuni anche a loro. Mostrarmi sui social con l'intera gamma dei miei colori, non è stato facile sia chiaro. Mettere a nudo le proprie vulnerabilità e difficoltà non è mai semplice. Ma sapevo che era qualcosa che sarebbe servito a normalizzare quella fetta di emozioni che non riconosciamo più come nostre. Che ci disgustano, anzi. Per questo le evitiamo. Le guardiamo con timore, sgomento e repulsione, perché di fatto non le conosciamo a sufficienza. E più allontaniamo o sopprimiamo queste parti, più loro si agitano scomposte dentro di noi. Fino a esplodere in un turbinio caotico di confusione e disagio. Ed è lì che nascono quegli attacchi d'ansia che affollano i pronti soccorsi: dall'evitamento di questa parte importante di noi e delle nostre emozioni. Un argomento su cui è importante riflettere e soprattutto di cui è opportuno parlare e discutere a tutte le età.
L'ho studiato nelle lezioni di sociologia all'Università e l'ho sperimentato poi in reparto, il dolore fa paura ed è per questo che lo allontaniamo. Come con la morte. Entrambi sono eventi non più normalizzati, per questo li rinchiudiamo in luoghi asettici come gli ospedali, per evitare di viverli nella nostra quotidianità. Per non "rovinare" l'idea edulcorata che ci vogliamo raccontare. Perché il dolore, così come la morte, questo fanno: rompono degli equilibri. E noi non vogliamo permettere che l'idea che ci siamo fatti della nostra vita, non segua il binario che abbiamo creato per lei. Ma la vita non si può imbrigliare in un'idea prestabilita. La vita è imprevedibile e più ci rifiutiamo di accettare questo concetto, più essa ci dimostrerà quanto sbagliamo. Un atteggiamento che di fatto finisce solo col farci soffrire di più alla fine. Un paradosso che in tanti lamentano, ma in pochi sanno riconoscere.
Eppure basterebbe così poco, per cambiare davvero le cose. Iniziando per esempio a dare il giusto riconoscimento a questa esperienza umana, fin dalla più tenera età. Sviluppando più consapevolezza di quello che si agita in noi, riconoscendo e imparando a vivere il dolore con la curiosità di chi sa che tutto ha un senso nella natura, anche l'esperienza dolorosa. Perché ci parla di noi, dei nostri desideri e bisogni; basta solo imparare ad ascoltarla con il cuore privo di pregiudizio ma carico di amore.