La malinconia dei nuovi inizi

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Considero Settembre come un nuovo inizio ogni volta, sarà retaggio della scuola, ma con Settembre sento la stessa pressione che alcuni avvertono con l'inizio dell'anno, in Gennaio. Guardo alla finestra il tempo che va rinfrescandosi, le foglie che cominciano a ingiallire e il suono incessante dei trattori che si apprestano alla vendemmia. In passato questo mese mi elettrizzava, l'inizio della scuola era tra i momenti che più amavo; non solo perché si compravano gli articoli di cartoleria nuova (da sempre mia ossessione), ma perché riiniziava un ciclo, una nuova opportunità di fare meglio e soprattutto imparare nuove cose. Poi c'è stato il lavoro e con esso, i mesi avevano perso la loro connotazione abituale. Con il lavoro a turni, tutto perde il suo perché: le domeniche non sanno più di domeniche, il natale non sa più di natale soprattutto quando sei impegnato a lavorare. Perdi la cognizione del tempo se non hai qualcosa che te lo ricordi continuamente. Così quest'anno, in questo mio anno sabbatico, è come se fossi tornata indietro ai tempi della scuola. Le domeniche hanno ripreso ad essere domeniche, l'estate è tornata ad essere estate.

Ogni estate infatti da che ho ricordi io, mia mamma e i miei fratelli ci trasferivamo nella nostra casa in montagna a Campofontana. Ricordo ancora la macchina piena delle nostre valigie e borsoni, così stipate una sull'altra che non si vedeva più nulla dal lunotto posteriore dell'auto. Noi stessi eravamo immersi dalle borse, ognuno tenendo stretto le proprie cose, assicurandosi di non dimenticare nulla a casa. Il bastimento partiva qualche giorno dopo la fine della scuola. Il rientro era sempre previsto verso fine Agosto. Per questo non ho mai considerato la casa in montagna come una casa delle vacanze ma una casa al pari dell'abituale; era là che vivevamo per un quarto dell'anno alla fine. Ricordo lunghe estati, fresche e lente. Ogni settimana si ripeteva quasi identica alla successiva: ogni sera papà veniva su dal lavoro in pianura e scendeva la mattina presto, il mercoledì si andava al mercato con Mery in un paesino vicino e il venerdì sera papà saliva per il weekend. Il fine settimana era il momento più divertente per me e i miei fratelli, perché ci venivano sempre a trovare amici e conoscenti con i loro figli. Questa routine era molto rassicurante, anche se forse un po' noiosa per la piccola me. Le mie amiche mi raccontavano di pomeriggi in piscina con gli amici, campi scuola con la parrocchia e feste di compleanno estive. Io dalla mia casa a Campofontana, non scendevo mai per partecipare a questi eventi e la scelta di rimanere in quella casa per l'estate, la vedevo più come una reclusione che una vacanza, da bambina. Non mi dispiaceva stare in montagna, sia chiaro, ma forse avrei voluto qualche amichetta in più con cui giocare. E mi fa ridere che invece, ad oggi, non veda l'ora di rifugiarmi in quell'angolo di paradiso a contemplare quella solitudine che tanto mi ricarica oggi quanto mi annoiava da bambina.

Così quest'estate, è stato come un ritornare indietro nel tempo; mamma è salita per tre settimane ad Agosto, con mio fratello Enrico. Siamo tornati al mercato con Mery "a prendere quello che non ci serve", come ci rimproverava sempre nonna Linda. Abbiamo salutato vecchi amici e conoscenti della zona. Nei weekend sono tornati a trovarci amici e parenti, qualche amica si è fermata a dormire per qualche giorno. Tutto era come un tempo, tranne che ora a dormire si è fermato pure il nipotino di 4 anni, tutto allegro e contento di correre per l'immenso giardino. Momenti che erano così presenti un tempo e che ora diminuiscono a vista d'occhio, senza perdere però tutta la magia e allegria di quegli anni passati. Lo sa bene Mery, che attende ansiosa quel mese dell'anno per tornare alle vecchie routine di un tempo. Così che mentre mangiavamo il pollo allo spiedo, di rientro dall'evento sociale della settima (il mercato appunto), Mery si ferma con il boccone a mezz'aria per chiedere a mia mamma per quanto ancora si sarebbe trattenuta in villeggiatura con lei, sussurrandole timidamente un "per sempre?". Il sorriso malinconico di Mery volgeva uno sguardo ad un passato gioioso che non potrà più tornare uguale a se stesso, ma che è destinato a mutare sempre di più.

Si cresce e si cambia e le vecchie routine non sempre si adattano al nostro nuovo presente. Alcune volte può essere entusiasmante rinnovare una routine consolidata, altre volte quello che ci lascia dentro è tanta nostalgia per il passato. Un qualcosa che fa bene recuperare per cicatrizzare vecchie ferite, è questo quello che ha aiutato me alla fine. Ritornare a qualcosa che era tanto caro al mio cuore, lo ha rigenerato e ricaricato. Quasi tornassi indietro a quella parte di me bambina che, seppur annoiandosi qualche volta, ha adorato vivere l'estate in montagna con la famiglia. Ha adorato avere un luogo da chiamare casa. Un luogo che da sempre ci dà sicurezza, amore e gioia.

Per questo Campofontana è tanto speciale per me. Per il valore che permea ogni muro e ogni fiore, nonché per l'aria che si respira: quieta, rigenerante. Proprio là, rinchiusa nella mia casa in montagna, immersa nel verde dei prati e nell'azzurro del cielo, ho trovato pace al tormento che portavo dentro da un po', da quando ho lasciato il lavoro. Nel silenzio e nella natura, ho trovato guarigione alla mia ferita interiore e un senso nuovo al mio futuro. È stata dura salutare quel posto magico per me, per rientrare in pianura. Così, per la prima volta dopo anni, Settembre ha assunto colori diversi ai miei occhi, non era più un mese elettrizzante o meglio, lo è ma sento nel cuore molta più nostalgia di un tempo. Una tristezza che non mi appartiene e che mi punge sul vivo. Non fa bene vivere in una bolla per sempre e forse, Campofontana per me è stato questo, in questi mesi. La mia bolla di convalescenza, un luogo in cui recuperare l'energia che avevo un po' perso per strada. Un luogo per tornare indietro nel tempo, apprezzare cose che avevo sempre dato per scontato nel passato e riordinare la confusione che sentivo dentro.

Scendendo per la curve dolci che portano alla pianura, ho sentito il magone. Mentre la macchina scivolava morbida e silenziosa, guardavo a quest'estate che sta apprestandosi a finire. Con l'autunno alle porte, ho notato quanto le giornate si stiano lentamente accorciando. Il mio anno di prova dovrà iniziare a dare il suo rendiconto e questi mesi saranno cruciali per vedere il frutto del mio progetto e dei miei sogni. Forse questa è la causa di questa nostalgia canaglia, sapere che ora inizia il momento clou, in cui si smette di scherzare ma si inizia a fare sul serio. A vedere quanto bene io abbia seminato in questi mesi e se sarò soddisfatta di quello che raccoglierò con l'autunno. Perché per ogni inizio, c'è la malinconia di una fine. La fine di un percorso che ha fatto il suo meglio per portarci a fare questo nuovo passo che ci fa tanta paura. Così, volgendomi indietro verso quel lunotto posteriore ancora visibile, guardo a quello che è stato con un sorriso nostalgico e con la macchina piena, di bagagli ed esperienze, mi appresto ad intraprendere la strada che si mostra davanti a me, il futuro che mi aspetta.

 

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