Silenzio, Bruno!

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BUON ASCOLTO!

Quando vidi il film Pixar "Luca" per la prima volta, mi ricordo che ne rimasi colpita; mi piaceva vedere come i creatori riuscissero a comunicare dei messaggi complessi in chiave semplice e diretta, adatta anche ai più piccoli. Così una sera, decisa a guardare un film assieme ai miei nipoti, mi preparavo a fare da mediatrice tra le loro grida discordanti: uno invocava a gran voce "Cars!!" mentre l'altro sbuffava sfogliando l'elenco della programmazione "Io non voglio Cars!". Per l'altissimo potere conferitomi dal mio status di zia, ho deciso io per tutti. Una delle cose che mi danno quel sorriso soddisfatto da potente "Sceglie la zia un film per tutti allora", mentre avviavo il film che volevo guardare io. Ero curiosa di vedere le reazione dei bambini, soprattutto del più grande. Mi incanto a guardare le loro reazioni, cercando di cogliere le sfumature dei loro sentimenti e capire cosa arrivasse loro da quella sequenza di immagini in movimento. Non troppo convinti assecondarono la mia decisione. Mano a mano che i minuti scorrevano però, le espressioni dei miei nipoti si facevano sempre più incantate. La storia dell'amicizia di Luca e Alberto, i loro sogni di possedere una Vespa e girare il mondo, luccicava nei loro occhi. La magia che vedevano i due personaggi, era la stessa magia che i miei nipoti vedevano ogni giorno. I loro sogni e desideri, ma soprattutto le loro paure e timori.

Il film Luca è diventato famoso per questa frase "Silenzio, Bruno!". La frase con cui Alberto spiega a Luca come tacere quella vocina mentale che tutti noi portiamo dentro. Un bellissimo esempio di quello che spesso noi adulti non sappiamo fare. Siamo così preoccupati da quello che potrebbe dire la gente, la nostra famiglia o gli amici; da limitare ogni nostro agire o sentire. Così Alberto, per spronare Luca a vivere i suoi sentimenti e per superare i propri limiti e la sua zona di comfort gli dice semplicemente di zittire i propri pensieri ripetendo a gran voce "Silenzio, Bruno!".

Mi sono accorta quanto sia difficile a volte estraniarsi da quella voce che sentiamo martellarci dentro continuamente, quegli assunti che abbiamo assimilato negli anni e che ora fungono da sgradevole compagnia in ogni decisione che ci troviamo a prendere. Per alcuni sono essi a pregiudicare le scelte quotidiane, in sfavore dei nostri desideri e aspirazioni. Dogmi che regolano la vita di tutti i giorni. Prigioni mentali che segregano il nostro essere che giace inascoltato e dimenticato da qualche parte in noi. Così quel "Silenzio, Bruno!" può diventare la nostra arma per ritrovare il giusto equilibrio con noi stessi, per iniziare ad ascoltarci davvero. Iniziare finalmente ad ascoltare la magia della nostro mondo interiore. Perché troppo spesso ci troviamo a fare cose perché "si deve fare così", mentre la pancia è un groviglio di tensioni e dolori. Così concentrati a razionalizzare tutto, da dimenticarci quanto le sensazioni siano nostre amiche e fidate consigliere. Tralasciamo il nostro sentire a favore di una razionalità molto spesso limitata e ostracizzata dal nostro contesto sociale. Non siamo più abituati ad ascoltarci nel silenzio della mente, non siamo più abituati a percepire le nostre emozioni e sensazioni. Tutto deve essere spiegabile per farci affidamento, senza accorgerci che sono proprio quelle spiegazioni che ci diamo a complicare tutto.

Mi ricordo quando la mia psicologa mi ha per la prima volta detto questa frase, una frase che mi si è incisa dentro: "Lisa, pensa meno e senti di più!". La versione adulta di quel "Silenzio, Bruno!" che la Pixar insegna ai più piccoli. Ero davanti a lei cercando di razionalizzare cose che non mi richiedevano nulla di tutto questo, che mi chiedevano solo di essere vissute e validate. Pur di allontanare la sgradevole sensazione di dolore, cercavo di spiegare anche i più piccoli cavilli. Pensavo che se avessi compreso tutto, avrei sofferto meno perché avrei capito le intenzioni dell'altro. Ma le emozioni se ne fregano dei pensieri, loro battono forte alla porta per farsi sentire, per farsi vivere dal cuore. Non per essere spiegate o comprese con la mente. Davanti a quelle parole ho deciso di alzare bandiera bianca e arrendermi a quella esistenziale verità. Basta cercare di capire a tutti i costi, basta forzare pallide spiegazioni per fingere di sentire meno il dolore che porto dentro. Mi sono arresa al mio sentire. Mi sono arresa alla forza delle mie emozioni. Ho aperto la porta e ho lasciato che invadessero ogni fibra del mio corpo. Ho scoperto che non chiudendo la porta, le emozioni gridavano meno. Si presentavano timide e impacciate all'uscio del mio cuore, chiedendo ascolto e amore. Le facevo accomodare nel mio salottino interiore e le stavo ad ascoltare in silenzio. Loro si pulivano bene le scarpe prima di entrare, si sedevano composte e iniziavano il loro racconto. Finito di dirmi ogni cosa si alzavano leggere e come erano arrivate, se ne andavano. Tutto finiva lì.

Una semplicità che abbiamo perso di vista crescendo. Più ci venivano spiegate le cose, più pensavamo di dover spiegare tutto. Anche i sentimenti. Abbiamo smarrito la nostra naturalità emotiva volendola incasellare in definizioni ed etichette. Invece di viverla semplicemente per come è. Un bambino non è interessato a capire perché è triste, tanto è concentrato a vivere quel sentimento di tristezza. Questa è la nostra naturalità, questo è quello che dobbiamo tornare a fare: tacere Bruno, la nostra mente, per tornare a sentire e vivere di più! Forse è questo che ci serve, tornare a guardare a quei bambini per ricordarci come si fa a sentire davvero. Come si fa ad accogliere tutte le emozioni che ci travolgono e stravolgono. Impariamo dalla loro naturalità e semplicità. Guardiamo il mondo attraverso i loro occhi. Gli occhi del fantastico e del possibile, in cui i pensieri hanno un nome proprio che con un po' di fantasia, si può imparare a tacere.

 
 
 

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