Anche i forti piangono

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BUON ASCOLTO!

"Tu sei Lisa, di te non ci preoccupiamo perché sembra che tu abbia sempre tutto sotto controllo" mi ricordo quando me lo dissero la prima volta. Ho guardato il mio interlocutore con curiosità mentre intorno a me tutti accennavano il loro parere concorde. Ero ad un pranzo tra amici, questa frase mi rimbombò forte nelle orecchie così tanto da imprimersi nella mia testa per diversi mesi. Non era la prima volta che mi veniva detta una frase del genere, a quanto pare il mio viso rassicurante e i miei modi decisi danno questa impressione alle persone. Anche se dentro di me, nel mio profondo, si muove ben altro.

Pensavo a questo vecchio discorso mentre la macchina mi portava nel mio luogo preferito: la mia casa in montagna. Quelle curve dolci, il verde degli alberi e il blu del cielo mi riempivano di pace mentre i pensieri vagavano incessantemente. Non ero esattamente in forma e avevo bisogno del mio tempo per ricaricare le energie e poter ritornare poi alla quotidianità. Nel tempo ho sviluppato il mio modo di gestire questi "momenti no": momenti in cui mi sento più fragile del solito, in cui piango spesso e mi sento stanca. Così cerco un luogo dove rinchiudermi in me stessa per chiarire le idee, fare cose che mi piacciono e non sentire la pressione di nessuno. Ecco perché preferisco trovarmi in un luogo che sia tutto mio e solitario, in una sorta di eremitaggio spirituale in cui ricaricare le batterie dell'anima. Per questo domenica ho preso la macchina e sono partita per Campofontana.

Circondata dalla quiete e dal silenzio, ho iniziato a tirare giù le borse dalla macchina, svuotare la spesa e aprire porte e finestre. Il sole accarezzava caldo la pelle ed era un piacevole compagno che spezzava l'aria fredda che mi solleticava le caviglie. Respiravo forte e profondamente, quasi a voler lavar via i pensieri negativi che mi affollavano la testa. Lasciavo correre lo sguardo lungo i prati e i profili delle montagne per ricordarmi quanta immensità c'è intorno a noi e al mondo che spesso ci raccontiamo, in quei momenti più fragili. La natura mi ricordava il mio posto in essa, ridimensionando pensieri e problemi. Ero una in un tutto, singolare e plurale in un universo di sistemi. Ho preso la cesta della legna per accendere la stufa, immergendomi nel profumo di legno a me tanto caro. Mi sforzavo di liberare la testa concentrandomi sulle piccole azioni che eseguivo, su quel rituale conosciuto e sperimentato. Il tepore del fuoco, il guizzo delle fiamme e lo scoppiettio della legna nella stufa donavano una piacevole compagnia all'ambiente.

 
 

Dopo un veloce pasto mi sono lasciata cullare dal caldino di quell'amica di metallo e mi sono addormentata sulla poltrona lì vicino. Ascoltavo il corpo e quello che mi chiedeva di fare, anche deponendo tutto e riposando. Al mio risveglio il sole era alto e forte nel cielo, più di prima. Ritrovata un po' di energia, mi sono diretta al piccolo orticello. Armata di rastrello, guanti, filo di ferro e forbici mi sono presa cura di quell'angolo di giardino un po' trascurato. Ho pulito le grandi piante di zucchine, riordinato le piante di pomodori e rassettata la terra tutt'intorno. Con il sole caldo e la musica di una festa lontana, mi sono persa nella cura di quel ritaglio di terra. Una volta soddisfatta del risultato, ho deposto le armi da giardinaggio e mi sono messa a disegnare finché la vecchia sedia di vimini finalmente lavata, finiva di asciugarsi al sole. Non c'era niente di forzato, tutto era lasciato fluire per come mi sentivo di fare. Questi gesti precisi e controllati hanno la straordinaria capacità di riportarmi nel momento presente, in quell'esatto momento in cui l'azione si compie, liberando la testa da rimugini lontani e fastidiosi. Per calmare la testa, non c'è nulla di meglio di muovere le mani con attività pratiche. Anche le più semplici: curare un orto, accendere la stufa, disegnare o pulire una vecchia sedia in vimini piena di ragnatele.

Grazie a tutte queste attività i pensieri si sono via via alleggeriti e la mente si è fatta più serena. Le lacrime avevano ormai lavato via gli ultimi petali di negatività che erano fioriti dentro e verso sera mi sentivo molto meglio. Ho radunato le mie cose per caricare la macchina e rientrare. Guardavo il sole farsi sempre più vicino all'orizzonte comunicandomi che la sera era ormai alle porte. Ho lasciato correre lo sguardo tutt'intorno: l'estate stava lasciando il suo posto all'autunno. Qualche foglia ingiallita faceva già capolino sul prato e la grande vite americana sulla facciata della casa cominciava a scaldare il suo colore in toni dal rosso al marrone. Lasciavo quel posto con un peso al cuore in meno e un batteria di energia in più.

Nel tornare verso casa, ripensavo a quella frase e a quel "tutto sotto controllo" che in realtà mi sfugge sempre di mano. Ripensavo a tutti i dubbi e le paure che spesso mi vengono a trovare nel silenzio tetro della notte, tutte le lacrime versate nei miei momenti no e quelle speranze sussurrate al vento fresco di montagna quest'estate. Sorridevo nel constatare che la realtà non è mai come ci sembra, così neanche le persone che ci sembrano forti, lo sono per davvero perché anche loro, a volte, piangono. Hanno solo imparato a farlo lontano o in silenzio.

 

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