La bellezza è negli occhi di chi guarda
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Crescendo, non ho mai avuto un rapporto facile con il mio fisico e il mio aspetto. Sempre tanto alta e robusta, rispetto alle mie coetanee. Forse per questo non mi sono mai percepita bella. Bella davvero. Credevo che la bellezza fosse oggettiva, un bel corpo e un bel viso. Peculiarità che io non sentivo di avere "giuste", come il mondo sembrava dirmi che dovevano essere. Per questo alle uscite con i ragazzi, preferivo le uscite con le amiche. Perché con loro, non dovevo essere bella, con loro bastava essere me stessa. Senza paura di non piacere, senza mettere in discussione il mio valore personale. Tuttavia volevo credere che sarebbe arrivato un momento nella mia vita, in cui mi sarei sentita davvero bella. Un momento in cui avrei avuto l'aspetto che tanto agognavo. Ricordo che pensavo a quel momento intorno ai 30 anni. Un'età che, nella mia mente di adolescente, poteva rappresentare l'età della consapevolezza di se stessi. L'età della realizzazione personale, in cui avere tutto quello che desideravo nel cuore. Anche l'aspetto giusto. E non vedevo l'ora che arrivasse quell'età, quel momento in cui finalmente mi sarei piaciuta. In cui finalmente mi sarei vista bella.
Poi arrivò Edimburgo. Avevo 19 anni, era la mia prima volta fuori casa. Sarà stata l'aria frizzante della città scozzese o semplicemente l'incredibile opportunità di scoprire la mia forza interiore, ma è a Edimburgo che mi sono sentita grande davvero, per la prima volta. Lì mi sentivo responsabile di ogni mia più piccola scelta, dalla spesa al bus da prendere per andare in città. E lì formulai un concetto che ha cambiato tutto il mio modo di pensare. A Edimburgo mi sono chiesta perché aspettare, perché attendere quei 30 anni, per avere quello che desideravo ora. Mi sono chiesta, cosa avrei avuto di più a 30 anni, rispetto a quell'esatto momento in cui già avevo sperimentato una forza e un coraggio, per me, impressionante. Avevo preso l'aereo da sola, ero arrivata in una città nuova e la stavo scoprendo con le mie forze. Cosa mi impediva di iniziare a diventare anche bella? Così mi sono iscritta in palestra e ho iniziato a truccarmi e pettinarmi con cura. Ogni giorno. Ogni giorno dedicavo del tempo per me, per la cura del mio corpo e del mio aspetto, tutto questo per provare a vedermi meglio e piacermi di più.
Quella che era iniziata come una sfida, è diventata quotidianità. Truccarmi e pettinarmi, in particolare, mi piaceva molto. Quindi, anche al mio ritorno in patria, ho perseguito questo mia abitudine. Mi piaceva vedermi bella. Mi piaceva quando lo specchio mi rimandava una immagine più curata e in ordine del mio aspetto. Una immagine che mi piaceva guardare. E anche se il mio fisico non era diventato quello di una modella, potevo sempre giocare con i vestiti e camuffare le rotondità al meglio. Investivo molto in questa mia cura, sia in qualità di tempo che di denaro. Volevo che finalmente anche gli altri si accorgessero di quanto il mio aspetto fosse cambiato. In meglio. Mi ricordo che anche ai tempi dell'Università, mi svegliavo prima per truccarmi e pettinarmi. Sceglievo con cura gli outfit da indossare, abbinando borse e accessori. E anche dopo, con il lavoro ad Arco, lo facevo. Nonostante fossi obbligata ad indossare la divisa. Volevo comunque essere ordinata per il breve tragitto che mi portava all'ospedale o, semplicemente, per la mensa. Volevo essere in ordine. Sempre. Volevo che tutti conoscessero una Lisa curata. Una Lisa bella.
Quel tipo di bellezza che potesse essere riconosciuta anche da un uomo, un giorno. Come nei film. Quando la protagonista, tornata da una soirée, davanti al suo boudoir intenta a togliersi gli orecchini, riceveva lo sguardo ammaliato e sognante dell'amante che le ricordava quanto bella fosse. E glielo dicesse dolce e attento, con premura. L'ho sognato per tanto tempo e speravo, un giorno, di poter vivere quella sensazione. La sensazione di non solo essere vista, ma vista bella, come io faticavo a fare. Come soprattutto faticavo a credere. Perché anche se l'aspetto raggiunto mi piaceva, non riuscivo a sentirmi bella davvero. Mancava sempre qualcosa. Qualcosa che ricercavo tremendamente. E quando quel giorno sognato, è arrivato nel modo più inaspettato possibile; ho capito cosa mancava.
Era il battesimo di Pietro, mio nipote, in una fredda e malinconica giornata di Aprile. Ero tornata a casa per l'occasione, con la testa adombrata e il cuore pesante per la perdita di un caro collega. Mio nipote più grande, forse percependo il mio umore grigio, mi si incollò addosso per tutta la giornata. Mi abbracciava e stringeva, sorridendo e giocando. Allegro e vivace. Bambino. La giornata si era srotolata veloce con clima gioioso. Io e il piccolo Leonardo ci eravamo divertiti così tanto che, a pranzo concluso, non voleva che niente finisse. Voleva tornare a casa con la zia, voleva continuare a giocare. Decidiamo di assecondare le sue richieste e torniamo a casa tutti assieme. E lì, davanti al mio boudoir, intenta a liberarmi dei grandi orecchini che indossavo, con il piccolo Leonardo che mi guardava, ho vissuto quella scena da film. Leonardo con fare del tutto naturale e spontaneo, da bambino di 3 anni, quel giorno, mi regalò la sua visione "Zia, sei bellissima!". Rimango pietrificata a quelle parole. Mi volto verso la sottile voce del mio cavaliere, che mi sorride, e gli sorrido di rimando. "Grazie!" gli rispondo "Sei bellissimo anche tu!". "Grazie, lo so". Rido. Rido tanto e forte. Corro incontro a Leonardo e lo ricopro di baci. Fugge ridendo e mi incalza "Ora andiamo a giocare?".
Mi alzo divertita e indosso la tuta. Passando davanti al boudoir, mi volto verso la mia immagine nello specchio e mi sorrido "A questo non puoi non credere, tu sei bella!" e per la prima volta, mi sento bella. Non è l'immagine che mi piace, mi piace quello che porto dentro. Quello che Leonardo ha visto e ha apprezzato tanto, da esternarlo a parole. E quello che ora riuscivo a vedere anche io. Perché Leonardo vedeva e conosceva me come sua zia e sua zia, per lui, era bella. Di quella bellezza autentica, perché non omologata, la bellezza di persona qualunque, ma speciale per qualcuno. Perché importante per lui.
Chi ero io per non vedermi allo stesso modo? Perché ostinarmi a ricercare la perfezione esteriore, quando dentro possedevo un caleidoscopio di colori che aspettava di essere amato? A niente sarebbe bastato ossessionarmi all'involucro esteriore, senza considerare la controparte interiore. Senza vederla nella sua unicità. Senza considerarla importante. Senza considerare me, importante. Questo era quello che mi mancava e cercavo negli altri: l'amore per me stessa. Cercavo qualcuno che mi regalasse quello sguardo innamorato da cui imparare ad amarmi e piacermi. E Leonardo quel giorno, mi regalò il suo. Quel giorno è iniziato il mio viaggio interiore alla scoperta di un mondo nuovo, il mio mondo, da guardare con tenerezza, orgoglio e curiosità. Un mondo da scoprire da zero. In cui osservare le mie caratteristiche e fragilità, senza dare nulla per scontato. Come in una danza d'amore. Giorno dopo giorno ho elevato le mie qualità, abbracciando ed accettando l'umanità che mi componeva. Ho imparato a sorridere ai fianchi morbidi, al seno piccolo e alla pelle imperfetta: una cornice normale di una tela mozzafiato, dipinta unicamente da me.
Quindi miei cari amici e amiche, abbiate cura della vostra cornice. Abbellitela con intarsi d'oro o dipingetela del colore che preferite; ma non limitatevi ad essa per amarvi nel profondo. Non limitate l'esposizione d'arte ad una mera cornice vuota, seppur bella e curata. Trovate tempo per coltivare voi stessi, indagarvi e scoprire chi siete davvero. Riscoprite quanto importanti siete per voi stessi, per iniziare a guardarvi finalmente con gli occhi pieni d'amore. E poi, con questo amore, dipingete una tela unica, unicamente vostra. Una tela di cui innamorarvi ogni giorno, perché finalmente importante e bella per voi.