Non posso avere quello che non sono
DI SEGUITO TROVI LA LETTURA, IN FORMATO AUDIO, DELL’ARTICOLO.
BUON ASCOLTO!
"Ti senti pronta per farlo, Lisa?" - mi aveva chiesto Anna quasi un anno fa, ferma e dolce allo stesso tempo. Avevo ancora le lacrime agli occhi, finendo di leggerle il canovaccio della mia storia personale. Storia che avrei poco dopo pubblicato su internet, nel mio sito. "Sì, è l'unico modo per essere autentica e trasmettere un messaggio che sia vero". Era solo l'inizio del mio viaggio online, tutto era cominciato con la scelta di non nascondersi più dietro una maschera. La scelta di mostrarmi per chi ero e provare anche qualcosa di nuovo e più creativo. Un azzardo con me stessa. Ho sempre desiderato arrivare al cuore delle persone, con le mie parole. Sfiorare, con delicatezza, le corde della loro anima per farle vibrare a ritmo della mia. E non potevo farlo davvero, se non avessi scelto consapevolmente di essere vera e autentica io per prima raccontando di me, senza fronzoli o finzioni. Dando la giusta luce alla gioia ma anche alle paure, ai dolori, alle fragilità ed alle insicurezze che compongono l'umanità di tutti di noi.
Una cosa che mi rimproverano qualche volta: dovrei essere più leggera, vivace e divertente per alcuni. Brillante! Brillante nell'esposizione, nei testi o nei video. Lo so, la leggerezza piace a tutti, perché tutti hanno già il loro maremoto interiore che loro per primi non riescono a guardare in faccia e certo non vogliono qualcuno che glielo ricordi. È più facile girare la testa dall'altra parte, fare finta di niente e svagare la testa. Ci sta volersi distrarre, ma non si può scappare all'infinito dal dolore. E io, in fin dei conti con le mie condivisioni, voglio solo normalizzare questo dolore. In un mondo bello e patinato, che vuole mostrare solo la facciata di una vita sfarzosa e piena di colori; io grido il subbuglio delle emozioni che rivendicano invece la verità. La verità che vuole che esistano anche le emozioni che ci fanno piangere e star svegli di notte. Non c'è niente di cui vergognarsi. Nulla che ci deve far temere il giudizio altrui. Anche queste emozioni richiedono il giusto spazio. Per questo le racconto. Per non negarle, per non metterle in secondo piano. Per non dimenticarmi di loro. Per aiutare voi, a non dimenticare quella parte di noi che soffre; una parte a volte silenziosa, a volte taciuta a forza. Non se ne va via facendo finta di niente anzi, se dimenticata, scava più in profondità, fino a logorarci l'anima tutta. Per questo scrivo. Per ricordarlo e ricordarmelo. Dando voce a quel lato di noi, che spesso nascondiamo dietro a maschere o armature.
Queste maschere non ci permettono di esprimere appieno noi stessi, anzi ci impediscono di scorgere il nostro vero riflesso allo specchio. Alcune volte siamo così abituati a indossare queste maschere, da dimenticarci chi siamo e cosa vogliamo davvero. Ci impediscono di crescere. La maschera limita non solo il nostro essere ma anche il nostro divenire, impedendoci di migliorare la nostra condizione e la nostra persona. Perché se c'è una cosa che ho capito in questo quasi primo anno online è sicuramente questo: "Non posso dare quello che non ho e non posso avere quello che non sono". Quindi nel mio caso non posso avere ascolto vero e autentico, se l'autenticità non parte prima da me e dal mio modo di raccontare e ascoltare gli altri. Questo vale poi anche per il lavoro interiore, di cui mi piace sentirmi portavoce. Non posso essere autentica con gli altri, se non lo sono prima con me stessa. Non posso proclamare l'importanza dello studio di se stessi e dell'accogliere le proprie emozioni, se io per prima, non ho lavorato su questi aspetti con passione, dedizione e coraggio. E non continuassi a farlo sempre. Quanto spesso infatti ci lamentiamo di quello che non abbiamo, ma che magari desideriamo ardentemente? Io stessa l'ho fatto per molto. Ho diari zeppi di domande esistenziali sull'amore, il lavoro o le amicizie che sogno. Domande che si rivolgono sempre però al di fuori di me, come se tutto dovesse arrivare dall'esterno bello e pronto al consumo. Un lavoro che compete solo ed esclusivamente gli altri e mai me. Sono gli altri che devono essere dei buoni partner, sono gli altri che devono essere buoni colleghi, sono gli altri a dover essere buoni amici. E noi invece? Cosa dobbiamo fare noi?
Non posso dare quello che non ho, non posso avere quello che non sono.
Per avere un buon partner, amico o collega dobbiamo noi per primi essere un buon partner, amico o collega. Perché solo sperimentando con noi stessi quelle caratteristiche che ricerchiamo al di fuori di noi, saremo poi capaci di riconoscerle negli altri, apprezzarle e valorizzarle. Solo così sapremo scegliere le persone di cui circondarci. Ma tutto, come sempre, parte da noi. Dalla scelta di lavorare su noi stessi voltando lo sguardo al di dentro, verso il nostro mondo interiore. Quel mondo che spesso soffre e ci fa soffrire, anche se non lo vogliamo ammettere o mostrare agli altri.
La verità non è fuori di noi, nella vita altrui, nell'invidia di quello che ci manca. La verità è sempre nelle corde della nostra anima. Corde che richiedono amore e pazienza. Ma soprattutto verità. Non avremo niente facendo finta di niente. Avremo tutto quando inizieremo davvero a giocare la partita della vita in prima persona. Riconoscendo la nostra responsabilità in tutto questo. Solo così otterremo la vita che sogniamo. Quella vita che meritiamo e che ci aspetta al di là della paura, delle scuse e dell'invidia.