La gara di nuoto
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BUON ASCOLTO!
Ho sempre osservato un grande divario tra la percezione mia e quella altrui, riguardo il mio valore personale. Nella vita avevo imparato che solo con la fatica e il sudore si potevano ottenere risultati validi; così più una cosa mi risultava facile da fare, più perdeva valore ai miei occhi. Vivevo nella ricerca continua di nuove sfide da affrontare, più erano grandi meglio era. Come se fossero quelle le uniche possibilità di definire un valore reale ed onesto di me stessa. Sfide che poi non era detto che riuscivo a vincere, anzi. Nel loro fallimento trovavo i difetti che mi impedivano di riuscire negli obiettivi prefissati; così focalizzata a vedere il peggio di me, da non notare tutto il meglio che già possedevo e continuavo a sviluppare nel rincorrere quegli obiettivi. Me ne resi conto, un pomeriggio qualunque, seduta al tavolino di un bar, chiacchierando con Carlotta.
Carlotta è una mia cara amica. Ai tempi in cui lavoravo ad Arco come infermiera, è stata mia collega, una delle mie preferite. Con lei ho condiviso tanto, anche e soprattutto meravigliosi aperitivi. Il nostro personale "rituale magico". Bastava uno Spritz per farci sciogliere la lingua e rimanere a chiacchierare per ore e ore. Tra risate e scherzi, su un tavolino pieno di salatini e patatine, parlavamo di tutto: di noi, del lavoro, della nostra vita, dei nostri sogni e timori. Ed era proprio in uno dei tanti aperitivi con lei, che parlammo di valore personale e valore percepito. Sedute al tavolino del bar, con la brezza fresca che ci scompigliava i capelli e il sole caldo che ci baciava le guance, ci fermammo a riflettere sulla mia insicurezza lavorativa e non solo. Un'insicurezza che mi tormentava l'anima e che quel giorno decisi di raccontare a Carlotta: "Tess, ma che dici? Tu sei bravissima al lavoro, ne parlavo l'altro giorno con Cristiano, sei stata super nell'urgenza. Che pensieri ti fai?". Carlotta mi guardava stranita da quelle mie rivelazioni. Anche lei, come tanti altri, riusciva a vedermi meglio di quanto io mi percepissi in realtà. Carlotta davanti a me, si mise a ridere. "La vita non è una gara, Tess.".
Mi piace tanto Carlotta perché è così. Nulla sembra mai scalfire il valore che lei percepisce di se stessa. Non c'è critica o autosuggestione che sia, che possa farle mettere in dubbio il suo immenso valore. Basta una scrollata di spalle per farle scivolare via tutto. Una qualità, questa, che ho sempre amato tanto di lei. Niente di quello che le capita nella vita, può farla sentire e desiderare meno di quello che lei sente di essere: una persona di valore. O come ama tanto dire lei "Una cazzo di principessa!". Senza nessuna presunzione di superiorità, sia chiaro. Carlotta è semplicemente così: una bellissima ragazza libera dai giudizi della gente, ancorata forte e testarda al suo valore intrinseco. Un valore stabile e concreto, scoperto e valorizzato in un tempo passato, a cavallo tra infanzia e adolescenza.
Carlotta da sempre una bambina ribelle, è cresciuta con amicizie prettamente maschili. Da piccola amava tanto correre e lanciarsi in avventure spericolate, spesso fuori dalla sua portata d'età. Adorava integrarsi in gruppi eterogenei, per correre saltare arrampicarsi senza sosta, in una delle tante valli sperdute del Trentino. Si divertiva soprattutto a far arrabbiare la mamma con i suoi modi vivaci, per un comportamento che non si addiceva propriamente ad una "signorina". Un concetto questo, cui lei rispondeva sempre con una sonora pernacchia metaforica di rimando. Il suo fisico minuto e non ancora ammorbidito dalle forme di donna, le conferiva la grinta di un leone nel cercare di superare tutti i suoi compagni di gioco: bambini più alti, grossi e prestanti di lei. E proprio in uno di questi nostri aperitivi assieme, sedute al tavolino del bar, Carlotta mi raccontò la sua esperienza nel nuoto. "Non sono mai riuscita a vincere una gara e se mi fossi basata su questo, non avrei mai nuotato in vita probabilmente", mi disse ridendo. Con il fisico minuto che si trovava ad avere da piccola, mi spiegò, faticava a finire le gare di nuoto solitamente, rendendo quindi impossibile vincerle. Tenuto poi conto del fattore avversari, Carlotta non aveva nessuna possibilità di riuscita: gareggiava sempre con bambini molto più grandi di lei. Ma a Carlotta piaceva nuotare e voleva farlo, punto. Nonostante non riuscisse neanche a finire le gare che doveva affrontare. "Poi arrivò un giorno" mi disse col sorriso sul viso e il calice rosso fiammante in mano. "Un giorno in cui finì per la prima volta, una gara!" rise felice, prima di continuare. "Bada bene non ho vinto, arrivai ultima! Eppure quel giorno, lo ricordo come uno dei momenti più entusiasmanti della mia infanzia. Piansi di felicità appena uscita dalla piscina. Piansi perché, quel giorno, riuscì a finire la gara. Era la prima volta che ci riuscivo!". Mi guardò con i suoi occhi color del cielo "Tutti hanno festeggiato con me, quel giorno! Eppure io, ero pur sempre arrivata ultima".
Carlotta mi raccontò questo aneddoto come risposta al disagio che le avevo raccontato di vivere. Mi aveva raccontato questo per dimostrarmi che il valore personale, quello che io legavo tanto alla validazione esterna e ai risultati tangibili che si potevano ottenere, è un qualcosa che ognuno si crea da sé, ogni giorno, tramite quello che fa e come lo fa. Come fece quella piccola Carlotta, con zero chance di vincere la gara di nuoto, ma che dimostrò a se stessa quanta grinta, tenacia e forza possedesse, nell'affrontare ogni gara senza demordere. Senza farsi scoraggiare da un corpo minuto e poco prestante nel nuoto. Senza farsi scoraggiare da avversari più grandi e atletici di lei. Perché lei non sfidava loro, lei sfidava se stessa. Sfidava se stessa a fare ogni volta meglio della precedente, fino a che finì per piangere di gioia per essere riuscita a migliorarsi. E con lei tutti gioirono a gran voce, perché fu Carlotta la vera a vincere qualcosa di importante quel giorno. La riprova del suo immenso valore, che nessuna medaglia era riuscita mai a dimostrare prima. Solo lei era stata capace di farlo, tramite se stessa.
E questo, cari amici, è il nodo della questione. Basare il proprio valore su qualcosa di così mutevole e poco saldo, come la validazione esterna, non ci renderà mai una persona solida. Un persona che si può ergere nel pieno delle proprie potenzialità e qualità. Tutte quelle qualità che diamo tanto per scontato quando non lo sono affatto. Quelle magnifiche qualità che mettiamo in atto ogni giorno per fare il nostro meglio nella vita, anche sapendo di non raggiungere nessun vero traguardo. Ogni cosa che facciamo, che ci avvicina a una versione migliore di noi seppur nella sua semplicità, è importante e degna di nota. Ed è da qui che dobbiamo partire a costruire il nostro valore, è qui che inizia l'unica vera sfida di sempre: quella con noi stessi.
Questo è, infine, quello che sfido voi a fare oggi, con queste mie parole: iniziate a riconoscere il vostro immenso valore come imparò a farlo da piccola Carlotta, arrivando ultima nella gara di nuoto.