Anche le cose semplici diventano difficili, se ci si perde d'animo
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Buon ascolto!
Ti capita mai di temere di non potercela fare? Quel pensiero insidioso di impotenza che paralizza la mente e il cuore? A me spesso. È in quei momenti, tuttavia, che mi ricordo di queste parole e di questa vicenda:
"Anche le cose semplici diventano difficili, se ci si perde d'animo".
Steso sul lettino, col capo clino e le mani fiaccamente appoggiate sul ventre, c'era questo anziano signore. Non ricordo esattamente per cosa ci avesse contattato, ma ricordo esattamente il senso di impotenza che si avvertiva nelle sue parole e il senso di resa che comunicava il linguaggio di quel corpo vecchio e stanco. La notte sfrecciava via, dai vetri dell'ambulanza. La luce di cortesia blu, gettava ombre scure sul viso segnato del signore. La giacca di Matteo, il mio collega infermiere, rispondeva con riflessi aranciati. Una luce nel buio. Il silenzio ci avvolgeva e si percepiva la tristezza dell'uomo steso sulla barella. Io osservavo il quadro che mi si dipingeva, con religiosa venerazione. Ai tempi ero ancora una studentessa d'Università e Matteo il professionista che mi accompagnava in ambulanza. Un professionista dolce e attento che, quel giorno, mi dimostrò ancora una volta il suo immenso valore.
"Anche le cose semplici diventano difficili, se ci si perde d'animo".
La profondità di queste parole diede un senso di tepore alla mia anima. E non solo alla mia. Le parole di Matteo risultarono balsamiche per l'anziano. La fitta interiore bruciava meno e il peso sulle spalle si alleggerì per un momento impercettibile. Il sorriso dolce e la mano gentile dell'infermiere, si posavano delicati su quelle spalle, infondendogli più di una rassicurazione, gli infusero speranza. La speranza che forse, non tutto è da buttare. Non tutto è irrimediabilmente irrecuperabile e insormontabile.
Perché è vero, tutto ci sembra insormontabile, quando il nostro umore è nero. Quando la tristezza, la rabbia, la frustrazione prendono il sopravvento. Quindi cosa fare, quando questo accade? Io mi approccio alla mia anima delusa e abbattuta come se fossi Matteo. Come se fossi il mio stesso infermiere. Il mio soccorritore personale che mi dà una bella pacca sulla spalla. Ammetto a me stessa che sì, ci sono giorni no, momenti in cui la tristezza o la paura hanno il sopravvento. È normale e va bene vivere anche questi sentimenti. Cerco di dare un nome all'emozione che mi attraversa in quel particolare momento. È quell'emozione che mi fa percepire l'ostacolo come insormontabile. Decido consapevolmente che non lascerò giudicare le mie capacità dall'emozione negativa del momento, una volta identificata e vissuta, la ringrazio di essere passata e sovente la lascio andare. Ogni emozione ha un suo ruolo, prendi il senso di paura, ci permetteva in tempi remoti, di salvare la pelle. Questo retaggio arcaico è rimasto, ma è nostra responsabilità contestualizzarlo. Cosa mi vuole comunicare quella emozione? È utile o è un eccesso? La identifico, la vivo e la ringrazio per averci avvisato di qualcosa che non va. Se non è utile però, decido consapevolmente di lasciarla andare.
Fa parte del diventare adulti, credo. Quello di riconoscere la responsabilità, quasi "genitoriale", che abbiamo nei nostri stessi confronti. Non dico di non abbattersi mai, anzi accettiamo quel momento di abbattimento, ma non lasciamoci guidare da esso. Nominiamolo, accettiamolo, viviamolo. "Grazie per la visita, grazie per l'avvertimento. Ora è tempo che tu vada avanti per la tua strada e io per la mia."
Asciugo le lacrime, alzo la testa e raddrizzo le spalle. Niente è ancora scritto. Ce la posso fare perché:
"Anche le cose semplici diventano difficili, se ci si perde d'animo".
E io oggi decido consapevolmente di non volerlo fare.